Pinocchio, un burattino tra Collodi e Firenze - Gianni Somigli


C’era una volta… Carlo Lorenzini. E chi era, diranno i miei piccoli lettori. Un genio, un giornalista, un soldato, un intellettuale, uno scrittore, un massone, un satirico, un editore. Bene, bravo, diranno loro, ma non ci dice nulla questo nome. E se dico “Collodi”? Pinocchio!, grideranno in coro, seduti a gambe incrociate e con le menti pronte a mettere ali fantastiche che inseguono burattini e balene, balocchi e fatine, Geppetto, il Gatto e la Volpe.

 

Delle avventure del burattino di legno più famoso del mondo, “Pinocchio”, non c’è bisogno di parlare: il libro, pubblicato nel 1883, è stato tradotto in 240 lingue, secondo solo alla Bibbia. Ciò che è meno noto è che Carlo Lorenzini, che firmava i suoi pezzi e i suoi libri con lo pseudonimo “Collodi” dalla frazione natia della madre, si ispirò per il suo capolavoro a personaggi e luoghi realmente esistenti, così come in molti casi gli episodi del romanzo traggono ispirazione da fatti veramente successi all’autore.

 

La vita di Lorenzini, come quella di molti intellettuali di metà Ottocento, non fu certo rilassante; il giornalista ed autore fiorentino fu sempre in prima linea quando si trattò di battagliare, sia con la penna che col fucile. Partecipò infatti sia alla Prima che alla Seconda Guerra d’Indipendenza, si fece conoscere, amare e in certi casi odiare per la sua satira e la sua tipica, sarcastica fiorentinità. Facile, quindi, comprendere la scelta che il Collodi fece verso il tramonto dei suoi anni: ritirarsi nella pace e nella quiete della Villa “Il Bel Riposo”, di proprietà di suo fratello, nella zona denominata “Castello”, nella zona collinare a nord di Firenze.

 

Ed è proprio in questo borgo che Collodi avrebbe trovato ispirazione per le avventure del suo Pinocchio, tanto che, da pochi anni, il Comune di Firenze ha realizzato un percorso con tanto di targhe segnaletiche che, attraverso descrizioni e citazioni del libro, guidano il visitatore attraverso persone ed episodi che il genio di Lorenzini trasformò in uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi. Ecco quindi le antiche botteghe dove lavoravano “i’ Didda” e “i’ Nappa”, così chiamato per il suo naso sempre rosso a causa del vino. Proprio come Mastro Ciliegia. Oppure la casa dove visse Giovanna Ragionieri, che ispirò la Fata dai capelli turchini.

 

A Collodi, pochi chilometri da Pescia (Pistoia), sorge invece da ormai più di 50 anni il “Parco di Pinocchio”. Chi cerca un parco giochi in stile Disneyland può girare alla larga da questo luogo: qui, infatti, si concentrano opere d’arte dei più grandi artisti del secolo scorso che parteciparono, in varie fasi, a concorsi indetti in nome ed onore del burattino dal naso che si allunga. Un’immersione onirica nel mondo fatato creato dal Lorenzini, che lascia a bocca aperta chiunque vi si avventuri.

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